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Telegram: l’Europa rinuncia al controllo

L’Unione Europea sembra aver adottato un approccio poco incisivo riguardo alla regolamentazione di Telegram, lasciando alle autorità nazionali il compito di agire. Questo atteggiamento solleva forti dubbi sulla reale volontà di contrastare fake news, crimini informatici e altre attività illegali veicolate tramite i social media. Nonostante Telegram conti 41 milioni di utenti a febbraio, la piattaforma non è considerata tra le “very large platforms” e quindi non è soggetta al Digital Services Act (DSA). È quanto affermato da Thomas Regnier, portavoce della Commissione europea per i servizi digitali, in una recente conferenza stampa. Regnier ha precisato che si stanno analizzando i dati per verificarne l’esattezza e che, al momento, la responsabilità di applicare il DSA su Telegram è lasciata ai singoli Stati. L’arresto del fondatore di Telegram, Pavel Durov, in Francia, si è basato sulla legislazione nazionale e non su una normativa europea comune.

La Commissione europea si tira dunque indietro, delegando alle autorità nazionali l’onere di gestire una questione che va ben oltre i confini dei singoli Stati. Questo approccio è sorprendente, considerando le promesse fatte dall’Europa per combattere le fake news, il cyberbullismo, le frodi online e i crimini informatici. Sembra che l’Europa non voglia affrontare direttamente il problema dell’uso improprio di piattaforme come Telegram, utilizzate sempre più frequentemente per scopi illeciti, inclusi quelli criminali.

Pavel Durov è stato arrestato per 12 reati gravi, tra cui la diffusione di materiale pedopornografico e il traffico di droga sulla piattaforma. Nonostante la gravità della situazione, l’Europa sembra concentrarsi solo sull’applicazione del DSA, ignorando il fatto che la gestione dei social media è ormai fuori controllo. Non solo Telegram, ma anche altre piattaforme presentano sottogruppi che operano al di fuori della legge.

Il commissario Gentiloni ha definito “ingenua” la visione secondo cui i social media sarebbero stati strumenti di democratizzazione dell’informazione, una convinzione che si è rivelata errata nel tempo. Mentre Stati Uniti, Cina e Russia adottano misure drastiche contro le piattaforme considerate “nemiche”, l’Europa sembra optare per una politica di libertà totale, con conseguenze evidenti.

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